ESISTE UNA SOLA TERAPIA PER L’ENDOMETRIOSI? COME SCEGLIERE QUELLA PIU’ ADATTA A NOI?
ESISTE UNA SOLA TERAPIA PER L’ENDOMETRIOSI?
COME SCEGLIERE QUELLA PIU’ ADATTA A NOI?
POSSIAMO AFFRONTARE I COSTI DELLA MALATTIA GARANTENDO ADERENZA TERAPEUTICA?
Lo abbiamo chiesto al Prof. Vercellini, responsabile Unità operativa di Chirurgia Ginecologica Benigna, Fondazione IRCCS Cà Grande Ospedale Maggiore Policlinico – Milano, in questa intervista. Professore, ricordo un convegno in cui descriveva la terapia ormonale come un vestito, ogni donna deve trovare quello che le sta meglio addosso. Possiamo chiarire questo concetto? Oggi è in atto un vivace dibattito su quale sia il profilo ormonale più opportuno per garantire i migliori risultati nelle donne affette da endometriosi. Tuttavia, diverse variabili contribuiscono a determinare la scelta ottimale per ogni paziente. Alcune donne rispondono bene all’uso di pillole contraccettive a basso dosaggio, altre a un progestinico e, nell’ambito di quest’ultimo gruppo di farmaci, non tutti i prodotti sono uguali. Alcuni progestinici hanno caratteristiche androgeniche, altri antiandrogeniche, alcuni hanno anche proprietà lievemente estrogeniche, altri puramente progestiniche. L’individualizzazione della terapia deve tener conto di tutte queste variabili per poter garantire il bilancio più favorevole tra effetti dei farmaci sui sintomi dolorosi e sulle lesioni, sicurezza dei trattamenti, tollerabilità e costi. È necessario partire dalla considerazione che i trattamenti farmacologici non guariscono l’endometriosi, bensì la controllano. In altre parole, i trattamenti sono sintomatici e non definitivamente curativi. Conseguentemente, le donne necessitano di lunghi periodi di terapia, a volte della durata di anni. In queste condizioni non è pensabile utilizzare farmaci efficaci ma poco tollerati oppure con problemi di sicurezza nell’uso a lungo termine. Dato che le pazienti dovranno convivere per molto tempo con i loro trattamenti, è importante che si giunga a individuare la terapia preferita a parità di efficacia. Si dice sempre che il trattamento chirurgico necessita di operatori esperti per ottenere i migliori risultati. Questo è vero anche per il trattamento medico, dove non deve esserci spazio per l’improvvisazione. Spesso però le donne ritengono di avere una sola opzione terapeutica disponibile; prendiamo il dienogest ad esempio (che ancora oggi non è in fascia A): si può considerare un principio attivo specifico per l’endometriosi? Dienogest è un buon farmaco, efficace e ben tollerato, ma non si può certamente definire un principio attivo specifico per l’endometriosi. Non esistono farmaci specifici per l’endometriosi. Esistono diversi ormoni o combinazioni di ormoni che inibiscono l’ovulazione e la mestruazione e che creano un clima endocrino stabile e tendenzialmente ipoestrogenico (cioè con bassi livelli di estrogeni, che hanno un’azione di stimolo sull’endometriosi). Questo riduce l’attività metabolica degli impianti endometriosici fino talvolta ad ottenere l’atrofia delle lesioni. Tali azioni farmacologiche generalmente si traducono in un rilevante beneficio sintomatologico. Di nuovo, non è fondamentale quale farmaco si usa, purché vengano garantite, in aggiunta all’efficacia, anche sicurezza, tollerabilità e sostenibilità economica. Ad esempio, nel nostro centro è stato condotto un confronto tra dienogest e nor-etisterone acetato, un progestinico a bassissimo costo con indicazione ministeriale per il trattamento dell’endometriosi. L’effetto sui sintomi (efficacia) è stato sovrapponibile, la tollerabilità è stata migliore con dienogest, ma un maggior numero di donne ha effettivamente intrapreso il trattamento con nor-etisterone acetato rispetto a dienogest proprio a causa del costo di quest’ultimo. Sono disponibili altri progestinici per il trattamento dell’endometriosi. Il nomegestrolo acetato ha caratteristiche farmacologiche sostanzialmente analoghe al dienogest, ma essendo disponibile come ‘generico’ permette importanti risparmi. Inoltre, da qualche mese la stessa dose di dienogest registrata per il trattamento dell’endometriosi è commercializzata in associazione a una limitata quota di estrogeno naturale a un terzo del costo del farmaco originale. In che modo la relazione medico-paziente può aiutare a sensibilizzare i medici rispetto ai costi delle terapie e alle alternative? Le donne possono risultare parte attiva in questo dialogo? Di fronte a costi elevati di farmaci non rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale si riduce l’aderenza al trattamento e diverse donne possono scegliere di non curarsi. Offrire cure economicamente sostenibili è quindi anche un problema etico, che implica il rispetto delle singole pazienti e delle loro famiglie. Questo è particolarmente importante in assenza di prove che dimostrino che farmaci più costosi si associano a migliori risultati terapeutici. Ed è esattamente questo che le pazienti dovrebbero chiedere al loro curante in caso di prescrizione di un farmaco costoso. La domanda che suggerisco è: “Dottore, esistono terapie meno costose e altrettanto efficaci?”. Un’altra domanda che sempre più pazienti nordamericane, sull’onda del Physicians’ Payment Sunshine Act, hanno imparato a porre superando il naturale imbarazzo è “Dottore, Lei ha un conflitto d’interesse riguardante il farmaco che mi sta prescrivendo?” Detto in altre parole, sarebbe opportuno che le donne sapessero se il loro medico ha legami finanziari con l’industria farmaceutica produttrice del costoso farmaco che dovranno assumere. Inoltre non va dimenticato che, anche quando i farmaci sono rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale, ogni prescrizione genera i cosiddetti ‘costi opportunità’. In poche parole, le risorse dei servizi sanitari pubblici, sostenuti con le tasse dei cittadini, non sono illimitate. Ogni trattamento consuma parte di queste risorse. Se per ottenere un predeterminato obiettivo terapeutico si impiegano farmaci costosi quando ne esistono di altrettanto efficaci e non costosi, altri pazienti con altre patologie avranno meno risorse a disposizione e altre donne con endometriosi potrebbero ricevere un’assistenza sub-ottimale. Alcune regioni italiane, per la precisione Puglia, Emilia Romagna, Piemonte e Lombardia, stanno predisponendo la distribuzione di contraccettivi gratis per chi ha meno di 24 anni o corrisponde a determinati criteri sociali. A Suo avviso questo primo segno di attenzione può avere in qualche modo un impatto anche per le donne affette da endometriosi? È difficile rispondere a questa domanda. In particolare, non esistono oggi robuste evidenze che suggeriscano un effetto protettivo della pillola contraccettiva. Queste combinazioni estro-progestiniche hanno un ruolo nella gestione dell’endometriosi una volta che la malattia si è già sviluppata, ma non è stato dimostrato che possano ridurre il rischio d’insorgenza. Alcuni autori suggeriscono addirittura che l’uso prolungato di pillola contraccettiva possa aumentare il rischio di endometriosi, ma la realtà è probabilmente ben diversa. Infatti è noto che molte giovani donne iniziano ad assumere la pillola non solo a scopo contraccettivo, ma anche per forti dolori mestruali potenzialmente causati da un’endometriosi già in atto, anche se non riconosciuta. Alla sospensione della pillola per varie ragioni, tra cui la ricerca di prole, i sintomi riappaiono e a quel punto sono avviate indagini che portano a diagnosticare l’endometriosi che solo apparentemente è successiva all’uso di pillola, ma in realtà è preesistente. Per concludere, qualche nozione scientifica per chiarirci le idee: cosa si intende per contenuto estrogenico medio e basso, e che conseguenze hanno sul controllo dell’endometriosi? Le pillole a tenore estrogenico medio contengono 0,03 mg di etinil-estradiolo, l’estrogeno sintetico di gran lunga più impiegato nella contraccezione ormonale. Tuttavia, dato l’effetto stimolante degli estrogeni sull’endometriosi, è bene impiegare pillole a contenuto estrogenico basso, cioè con 0,015-0,02 mg di etinil-estradiolo. Inoltre, la scelta di pillole contraccettive a basso dosaggio estrogenico si associa a una riduzione degli effetti collaterali e del rischio di trombosi. Esistono anche combinazioni a basso dosaggio che contengono un estrogeno naturale, come l’estradiolo emiidrato o l’estradiolo valerato, che costituiscono un’ottima alternativa nelle donne con endometriosi, non solo per il tipo e il dosaggio dell’estrogeno, ma anche per l’associazione con un progestinico quale il nomegestrolo acetato e il dienogest. Come accennato in precedenza, questi progestinici si sono dimostrati efficaci e ben tollerati anche nell’uso a lungo termine. La combinazione con una modesta dose di estrogeno naturale permette di prevenire gli effetti secondari dell’ipo-estrogenismo prolungato, quali secchezza vaginale e riduzione di calcio osseo. (Sara Beltrami) Questo articolo è stato Pubblicato sul Pungiglione n.52 di Dicembre 2018 il notiziario dell’A.P.E. Onlus, scopri QUI come abbonarti! La riproduzione del testo, anche parziale, è vietata salvo consenso scritto.