Terapie
COME SI CURA L’ENDOMETRIOSI?
Ad oggi, non esiste una cura definitiva per l’endometriosi, ma esistono diverse opzioni terapeutiche per tenere sotto controllo i sintomi e migliorare la qualità della vita. La scelta del trattamento – medico o chirurgico – va sempre concordata con un centro specializzato in endometriosi (puoi trovare l’elenco aggiornato sul nostro sito), in base a fattori come:
- Età della paziente
- Intensità del dolore
- Desiderio di maternità
- Gravità delle lesioni
- Risposta personale ai farmaci
TERAPIA FARMACOLOGICA: CONTROLLO ORMONALE E SINTOMI
La terapia medica si basa sul fatto che l’endometriosi è una patologia ormono-dipendente: gli estrogeni favoriscono la crescita delle lesioni endometriosiche. L’obiettivo della terapia è quindi ridurre i livelli di estrogeni e inibire l’ovulazione, creando un ambiente ormonale che "mette a riposo" la malattia e ne rallenta la progressione.
Le principali opzioni includono:
1. Contraccettivi ormonali combinati (COC) Bloccano l'ovulazione e riducono l'attività delle lesioni endometriosiche. Se assunti in modo continuo (senza pausa), risultano più efficaci nel controllo del dolore. Evidenza: supportati da linee guida ESHRE (2022) e ACOG (2021)
2. Progestinici (es. dienogest) Sopprimono l'ovulazione e inducono l'atrofia del tessuto endometriosico. Il dienogest è particolarmente efficace e ben tollerato anche a lungo termine. Fonti: studi RCT (Harada et al., Strowitzki et al.), ESHRE, NICE.
La pillola può essere assunta in maniera ciclica (21 giorni di assunzione seguiti da sette giorni di sospensione in cui si verifica un sanguinamento mestruale) o in modalità continuativa, con assunzione ininterrotta della pillola per più di 21 giorni consecutivi (saltando la sospensione dei 7 giorni e quindi evitando la mestruazione).
I progestinici vengono invece assunti sempre in modalità continuativa, senza nessuna sospensione e quindi sopprimendo la mestruazione.
È importante sapere che l’assenza di ciclo mestruale sotto terapia non significa menopausa, e può durare anche anni senza conseguenze gravi, se ben monitorata.
Tra i diversi trattamenti ormonali disponibili per la gestione dell’endometriosi, due opzioni sempre più utilizzate sono l’anello vaginale e la spirale intrauterina a rilascio di progestinico (IUS). Entrambe rientrano nella categoria delle terapie ormonali a basso dosaggio e somministrazione locale, che mirano a ridurre l’attività ormonale ciclica e, di conseguenza, l’infiammazione e il dolore causati dalla malattia.
Anello vaginale: L’anello vaginale è un dispositivo flessibile che si inserisce facilmente in vagina e rilascia in modo continuo estrogeni e progestinici. Viene solitamente lasciato in sede per tre settimane, seguito da una settimana di pausa, anche se nei protocolli per endometriosi può essere usato in modalità continua, senza interruzioni, per evitare il ciclo mestruale.
Spirale ormonale (IUS): La spirale intrauterina a rilascio di levonorgestrel è un piccolo dispositivo a forma di T che viene inserito nell’utero da un ginecologo. Agisce localmente, rilasciando una piccola quantità di progestinico direttamente nell’endometrio, riducendo l’infiammazione e la crescita del tessuto endometriosico.
Agonisti del GnRH: In casi selezionati, si possono usare farmaci che inducono una menopausa artificiale temporanea, con effetti collaterali simili a quelli della menopausa naturale (vampate, aumento di peso, irritabilità, osteoporosi). Per questo motivo, il loro utilizzo è limitato e non prolungato.
La terapia farmacologica è spesso a lungo termine, soprattutto se non si desidera una gravidanza. Alla sospensione, i sintomi possono tornare: per questo, terapie a breve termine o poco tollerabili sono raramente efficaci nel lungo periodo.
LA CHIRURGIA PER L’ENDOMETRIOSI: QUANDO SERVE E COSA ASPETTARSI
La chirurgia, quando si parla di endometriosi, non è mai la prima opzione, ma può diventare necessaria in alcuni casi. In particolare, si ricorre all’intervento quando la terapia farmacologica non è sufficiente a controllare i sintomi, oppure in presenza di cisti ovariche di grandi dimensioni, o ancora quando l’endometriosi coinvolge organi come intestino e vescica causando disturbi importanti e persistenti.
Negli ultimi anni, fortunatamente, la chirurgia è diventata sempre più precisa e mini-invasiva. Oggi si utilizza soprattutto la laparoscopia, una tecnica che permette di operare in modo efficace ma delicato: vengono praticate 3 o 4 piccole incisioni sull’addome, attraverso cui si inseriscono strumenti sottili per esplorare la cavità addominale e individuare eventuali lesioni, cisti o noduli. Se vengono riscontrate alterazioni visibili, queste vengono rimosse durante l’intervento e può essere eseguita una biopsia per l’analisi dei tessuti.
La laparoscopia ha diversi vantaggi:
- Degenza breve (in media 2-4 giorni)
- Ripresa rapida delle attività quotidiane
- Cicatrici minime e poco visibili
Quando invece le lesioni sono troppo estese o complesse per essere trattate in laparoscopia, si può optare per la laparotomia, un intervento chirurgico più tradizionale che prevede un taglio orizzontale nella parte bassa dell’addome. È una tecnica più invasiva, con tempi di recupero più lunghi e una cicatrice più evidente, utilizzata solo quando la sicurezza dell’intervento lo richiede.
Va detto che, nonostante la chirurgia possa offrire un sollievo significativo, l’endometriosi può ripresentarsi nel tempo, anche dopo un’operazione ben riuscita. Per questo, soprattutto se non si sta cercando una gravidanza, spesso è consigliato continuare una terapia ormonale (come la pillola anticoncezionale o i progestinici) per mantenere la malattia “a riposo” e ridurre il rischio di recidive.
APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE NELLA GESTIONE DELL'ENDOMETRIOSI
L’endometriosi è una condizione cronica complessa che richiede un approccio terapeutico integrato, in grado di considerare la malattia non solo dal punto di vista medico-chirurgico, ma anche attraverso strategie complementari volte a migliorare la qualità della vita delle pazienti. In questo contesto, l’approccio multidisciplinare si dimostra particolarmente efficace, includendo fisioterapia, supporto psicologico e interventi sullo stile di vita, come l’alimentazione. Di seguito, analizziamo tre pilastri fondamentali di questo approccio, supportati dalla letteratura scientifica.
Fisioterapia del pavimento pelvico
La fisioterapia del pavimento pelvico è uno degli strumenti più efficaci per affrontare sintomi frequenti nelle pazienti con endometriosi, come la dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali) e la tensione muscolare cronica a livello pelvico. Attraverso tecniche specifiche di rilassamento muscolare, biofeedback, massoterapia e esercizi mirati, è possibile ridurre la componente muscolo-tensiva del dolore cronico.
Secondo uno studio condotto da Morin et al. (2017) pubblicato sulla rivista Physical Therapy, le pazienti che hanno seguito un protocollo di fisioterapia del pavimento pelvico hanno riportato un miglioramento significativo della dispareunia e della qualità della vita rispetto al gruppo di controllo. Questo tipo di intervento aiuta a interrompere il circolo vizioso del dolore pelvico cronico, spesso alimentato da spasmi muscolari e ipertono. Fonte: Morin M., Carroll M. S., Bergeron S., “Pelvic floor physical therapy for dyspareunia associated with endometriosis: A randomized controlled pilot study”, Physical Therapy, 2017.
Supporto psicologico
L’endometriosi ha un forte impatto anche sulla salute mentale delle pazienti. L’esperienza di dolore cronico, le difficoltà relazionali e riproduttive, e il senso di isolamento possono portare a livelli elevati di ansia, depressione e stress. Per questo, il supporto psicologico rappresenta un elemento cruciale dell’approccio multidisciplinare.
Le tecniche di terapia cognitivo-comportamentale (CBT), mindfulness e gestione del dolore cronico si sono dimostrate efficaci nel ridurre l’impatto psicologico della malattia. Facchin et al. (2015), in una revisione pubblicata su Human Reproduction Update, hanno evidenziato come questi strumenti psicoterapici siano associati a un miglioramento significativo della qualità della vita nelle donne affette da endometriosi. Tali approcci aiutano a sviluppare strategie di coping efficaci, favoriscono la consapevolezza corporea e riducono la percezione del dolore. Fonte: Facchin F., Barbara G., Dridi D. et al., “Mental health in women with endometriosis: searching for predictors of psychological distress”, Human Reproduction Update, 2015.
Alimentazione anti-infiammatoria
Anche l’alimentazione può giocare un ruolo importante nella gestione dell’endometriosi, grazie alla sua capacità di modulare i processi infiammatori e il dolore. In particolare, una dieta anti-infiammatoria, ricca di omega-3, frutta, verdura e cereali integrali, e povera di alimenti processati, zuccheri raffinati e grassi trans, può contribuire a ridurre i sintomi legati alla malattia.
Una review pubblicata da Nirgianakis et al. (2020) su Reproductive Biomedicine Online conferma il potenziale beneficio di un’alimentazione mirata nel contesto dell’endometriosi. Gli autori sottolineano come una dieta equilibrata, orientata alla riduzione dell’infiammazione sistemica, possa non solo attenuare il dolore pelvico, ma anche supportare il benessere generale delle pazienti. Fonte: Nirgianakis K., Ma L., McKinnon B. et al., “Dietary interventions in endometriosis: insights from basic and clinical studies”, Reproductive Biomedicine Online, 2020.
L’A.P.E, con il contributo di nutrizionisti e dietisti, ha realizzato le linee guide alimentari, consultabili QUI
TERAPIE IN FASE DI STUDIO
- Immunomodulatori (es. anti-TNF)
- Inibitori dell'angiogenesi (es. bevacizumab)
- Microbiota: ruolo emergente nella modulazione dell'infiammazione
- Terapie geniche/epigenetiche: ancora in fase preclinica
- Fonti: Zondervan et al., Nature Reviews Disease Primers, 2018; Giudice et al., Nat Rev Endocrinol, 2020
IN CONCLUSIONE
La gestione dell'endometriosi deve essere costruita su misura per ogni paziente, integrando i diversi approcci disponibili. Le opzioni terapeutiche sono numerose e in continua evoluzione, grazie alla ricerca scientifica. Consultare un team multidisciplinare è fondamentale per scegliere il percorso più adatto al singolo caso.